La società di San Giovanni Battista

La nostra storia

Le origini

Erede dell’Opera di San Giovanni, associazione con cui – dal 1157 – l’Arte dei Calimala aveva curato le manifestazioni in onore del Patrono di Firenze, la Società di San Giovanni Battista venne costituita con “rescritto” del 29 gennaio 1796 dal Granduca Ferdinando III di Toscana. Il giovane sovrano voleva collegare la sua figura alla più antica tradizione fiorentina ed il culto del Battista fu sempre presente in lui nelle forme più sentite. Le stesse monete fatte coniare a partire dal 1791, secondo una prassi ormai consolidata, riportavano sulla superficie l’immagine di San Giovanni e il santo protettore della città era anche il santo protettore del Granduca Pietro Leopoldo e dello stesso Ferninando III di Lorena.

Gli anni più violenti della Rivoluzione Francese furono segnati dal processo di “scristianizzazione”, che portò alla scoparsa del calendario gregoriano e videro la sparizione di ogni santo. L’uccisione del re di Francia, Luigi XVI, nel gennaio 1793, scosse però l’opinione pubblica e, sull’onda di questi eventi, a Firenze cominciò a farsi strada l’idea della costituzione di una libera associazione a carattere laico e privato, in grado di rendere più viva l’immagine del Battista e di sottolineare una spiritualità senza confini. Il 12 novembre 1795 il Provveditore dell’Opera del Duomo, Pietro Pannilini, ricevette una supplica a nome di un gruppo di cittadini, da inoltrare a Ferdinando III. Nella supplica si auspicava di “rendere più decorosa la solennità di San Giovanni Battista” proponendo “una decente musica” da suonare la mattina delle festa della natività del Santo nella chiesa a lui dedicata. Ferdinando III non esitò ad approvare quanto veniva proposto e fu subito stampata una lettera per raccogliere le prime sottoscrizioni: dal febbraio al giugno 1796 le adesioni raccolte furono numerose e molti fiorentini di ogni ceto risposero con generosità. Il culto di San Giovanni univa oramai, senza distinzioni, nobili, borghesi e agiati popolani.

Prime costituzioni

Occorreva coinvolgere attorno alla nuova istituzione il favore popolare, e quindi fino dal 1797 si decise di inserire fra le attività peculiari della San Giovanni la raccolta di elemosine per la costituzione di doti. La dote, anche nei casi di matrimoni
socialmente modesti, era un requisito essenziale.

Lo scopo venne presto raggiunto e la popolarità della San Giovanni crebbe progressivamente: la Società, intesa come “Societas” – collettività – finì per configurarsi come una delle istituzioni più vicine alla realtà spirituale e sociale di Firenze.

I membri del sodalizio crebbero con il trascorrere dei mesi e nel 1798, poiché si era già superato il numero di 300 adesioni, fu già possibile assegnare ben quattro doti.

Era evidente il carattere devozionale, oltre che laico, dell’istituzione e fino dall’inizio si ritenne opportuno richiedere al pontefice Pio VI la concessione di indulgenze per i membri della Società.

Età Napoleonica

I tumultuosi eventi napoleonici travolsero anche la Toscana ma, con la creazione del Regno dell’Etruria, la Società di San Giovanni Battista ebbe nuova linfa vitale.

Il re Lodovico di Borbone e sua moglie Maria Luisa, dominati da una fede profonda, dettero il massimo impulso a ogni manifestazione devozionale e curarono attentamente la festa del patrono della città.

In particolare, in quell’anno venne costituito uno spettacolo pirotecnico eccezionale: questi fuochi “incontrarono il genio del pubblico per la varietà ed esecuzione espressiva (…) essendo stati eseguiti dagli abili fochisti Luigi Geraudini di Livorno e Luigi Badii”. Gli anni 1806 e 1807 videro la massima consacrazione delle feste patronali, e l’evento assunse veri e propri tratti di munificenza regale.

Anche negli anni della soppressione del Regno dell’Etruria, la Società di San Giovanni Battista mantenne la propria identità e il culto del partono venne praticato a livello pubblico con l’esecuzioe di raffinate musiche nel Battistero e con la consueta distribuzione di doti.

Restaurazione

La Restaurazione, nel settembre del 1814, vide il completo ripristino delle feste in onore del Santo.

L”età napoleonica e gli ideali della Rivoluzione francese avevano profondamente inciso la società europea, ed anche in Toscana si era ormai creato un nuovo clima. La Restaurazione ripristinava il potere delle antiche dinastie, ma non il reale potere di quelle classi sociali che erano state combattute dalla Rivoluzione.

Pure i festeggiamenti patronali fiorentini mutarono presto carattere, assumendo connotati di modesto rilievo. La Società di San Giovanni cercò di richiamare l’attenzione del Granduca e dei suoi ministri su quanto stava avvenendo, ma lo stesso Ferdinando non volle più conferire alle feste patronali carattere civile e politico, astenendosi perfino dal parteciparvi.

Gli anni di Leopoldo

La Società di San Giovanni Battista continuò nella sua attività, operando a stretto contatto con la chiesa fiorentina e solo con l’ascesa di Leopoldo II si avvertì un segno di cambiamento.

Una nuova supplica, inviata a corte dai Deputati del sodalizio nel 1826, ebbe un risultato insperato e il giovane granduca annunziò di voler presenziare alla festa in onore di San Giovanni.

Gli anni di Leopoldo II segnarono uno dei momenti più alti del sodalizio fiorentino: il numero degli iscritti crebbe costantemente e nel 1831 persino il sovrano del Piemonte, Carlo Alberto di Savoia, chiese di far parte dell’istituzione.

Nel 1839 Leopoldo II, per collegare ancora più stabilmente la Società di San Giovanni Battista con le istituzioni granducali, conferì al sodalizio il titolo onorifico di imperiale e Reale.

Indipendenza Italiana

I tempi stavano rapidamente cambiando, sotto il profilo politico, e nel 1848 Leopoldo II concesse lo statuto costituzionale.

La guerra contro l’Austria vide la partecipazione anche di reparti toscani e nella seduta del 10 giugno 1848 la Società di San Giovanni Battista stabilì, a pluralità di voti, che per quanto riguardava le doti da assegnare “dovevano essere preferite, per quanto possibile, le famiglie aderenti ai militi volontari toscani”.

Come si vede, i dirigenti del sodalizio erano animati da un forte spirito patriottico: la Società restò però cauta nelle aperture politiche di palese rottura. L’esperianza del governo provvisorio di Guerrazzi, Montanelli e Mazzoni fu avversata e nel maggio del ’49 i Deputati vollero testimoniare a Leopoldo II, rifugiato temporaneamente a Mola di Gaeta, la loro devozione.

Tuttavia, nel 1849, la festa di San Giovanni si svolse senza Leopoldo II, ancora lontano da Firenze. Il sodalizio testimoniò nella maniera più chiara il desiderio di perpetuare una tradizione che andava al di là di ogni contingenza politica e i fiorentini vissero con uguale spirito la celebrazione del loro patrono.

Ma la frattura del 1849, ribadita nel 1852 con la gravissima abolizione dello statuto costituzionale poco prima concesso, indebolì fatalmente l’immagine e il potere di Leopoldo II. Qualcosa era stato irrimediabilmente distrutto e la stessa vita della Società di San Giovanni cominciò a languire.

Quando poi Vittorio Emanuele II di Savoia fu proclamato “Re eletto”, la festa del patrono assunse connotati essenzialmente religiosi: un mondo di tradizioni e di storia locale stava per scomparire e nel 1860 la Società di San Giovanni si ridusse a soli 300 soci.

Nascita del regno d’Italia

La proclamazione del Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, segnò la consacrazione di un orizzonte politico del tutto nuovo.

La forte impronta laica che pervadeva la cultura risorgimentale aveva impresso una svolta irreversibile a ogni istituzione ma, nel 1865, Firenze venne proclamata capitale del regno e anche il suo patrono ebbe nuovo splendore.

Lentamente, a partire dal 1866, i soci della San Giovanni crebbero di numero e fu di nuovo possibile distribuire il denaro per alcune doti e far eseguire degne rappresentazioni musicali: il 24 giugno 1870 una messa solenne di Gioachino Rossini, diretta dal maestro Teodulo Mabellini, sancì il nuovo volto del sodalizio fiorentino e neanche la presa di Roma – e il successivo trasferimento della capitale nella città eterna – frenarono la rinascita della Società di San Giovanni Battista.

Il numero dei soci crebbe costantemente raggiungendo, nel 1872, la considerevole cifra di 657: musiche, doti, elemosine e fuochi artificiali ebbero nuovo vigore e negli stessi anni si cominciò a premere presso il Ministero dell’Interno perchè la Società fosse trasformata in un Ente Morale con personalità giuridica.

Anche se la trasformazione non fu accordata, la Società di San Giovanni finì comunque per assumere un ruolo importante di collegamento fra il Municipio e l’Arcivescovado oltre a mantenere un rapporto privilegiato con la Casa Savoia, che
contribuì con cifre in denaro all’attività dell’istituzione.

L’uccisione di Umberto I, nel luglio 1890, fu un duro colpo.

La Società di San Giovanni Battista cominciò a declinare e le iscrizioni diminuirono vistosamente: nel 1908, i soci risultavano solo 584.

Età contemporanea

La Prima Guerra Mondiale causò una grave crisi economica che rese estremamente difficile la vita degli antichi sodalizi culturali.

Nel 1923 non fu possibile allestire il tradizionale spettacolo dei fuochi artificiali e il nuovo orientamento politico non si dimostrava sensibile a quelle tradizioni che avevano sempre trovato nel mondo della chiesa il loro naturale referente.

L’ottagono d’argento

La Società di San Giovanni Battista riuscì a sopravvivere ma non a tornare ai fasti di un tempo benché fra i suoi soci onorari fosse stato rapidamente inserito Benito Mussolini: solo nel 1927, con il maggior coinvolgimento del Partito Fascista all’interno del sodalizio, qualcosa mutò. Nel 1929 venne attuata una radicale riforma dello Statuto Sociale, in stretta sintonia con il clima ideologico del momento, e il Concordato portò un nuovo spirito di collaborazione introducendo curiose iniziative come quella di annunciare il 24 giugno con dieci colpi di mortaio sparati dal Forte Belvedere. I soci raggiunsero di nuovo le mille unità e fu decisa la costituzione di una biblioteca di carattere storico-fiorentino all’interno del sodalizio.

Gli anni della Seconda Guerra Mondiale videro la San Giovanni impegnata essenzialmente sul fronte dell’assistenza e del fraterno soccorso e, con la pace, riscoprì la sua antica vocazione: la musica offrì un ponte per superare ogni divisione ideologica e i concerti e le rappresentazioni si sommarono ai fuochi pirotecnici e alle cerimonie religiose. Premi a fiorentini illustri, mostre e conferenze hanno messo in risalto un volto nuovo della San Giovanni che, con il sostegno della Cassa di Risparmio di Firenze e della sua Fondazione, ha sempre onorato il gravoso impegno dell’organizzazione delle feste patronali.